Tratto da “Il Minotauro“ di Friedrich Durrenmatt
“...trascinato laddentro dai servi di Minosse, che avevano formato lunghe catene per non perdersi sul pavimento del labirinto che era stato costruito da Dedalo per proteggere gli uomini da quell’essere e l’essere dagli uomini, d’un impianto cioè da cui nessuno che vi si fosse inoltrato trovava più la via d’uscita e le cui innumerevoli intricate pareti erano di specchi, tanto che l’essere stava accovacciato non solo di fronte alla sua immagine, ma anche all’immagine delle sue immagini: vide dinanzi a se un’infinità di esseri fatti com’era lui, e come si girò per non vederli più un’altra infinità di esseri uguali a lui. Si trovava in un mondo pieno di esseri accovacciati senza sapere che quell’essere era lui. Era come paralizzato. Non sapeva dov’era né che cosa volevano quegli esseri accovacciati tutt’attorno, forse sognava soltanto, anche se non sapeva che cosa fosse sogno e che cosa realtà. Balzò in piedi istintivamente per scacciare gli esseri accovacciati, e contemporaneamente balzarono in piedi le sue immagini. Si rannicchiò e con lui si rannicchiarono le sue immagini.
Non c’era modo di scacciarle. Fissò l’immagine che gli sembrò più vicina, arretrò lentamente e anche la sua immagine si allontanò, urtò con il piede destro contro la parete, si voltò di scatto e si trovò testa a testa con la sua immagine. Si tastò il capo istintivamente e mentre lo tastava anche le immagini si tastarono il capo. Si raddrizzò e con lui si raddrizzarono anche le sue immagini. Abbassò lo sguardo sul suo corpo e lo confrontò con il corpo delle sue immagini, e le immagini abbassarono lo sguardo sul loro corpo e lo confrontarono con il suo, e mentre osservava se stesso e le sue immagini, constatò d’essere fatto come le sue immagini: ritenne di essere un essere tra molti esseri uguali.
La sua espressione si rasserenò, le espressioni delle sue immagini si rasserenarono. Fece loro cenni di saluto, quelli risposero ai segni, accennava con la destra, quelle accennavano con la mano sinistra, ma lui non sapeva che cosa fosse destra né che cosa sinistra. Si drizzò, stese le braccia, mugghiò, con lui si drizzò, stese le braccia e mugghiò un’infinità di esseri uguali, l’eco si ripercosse migliaia di volte, parve mugghiare senza fine. Fu colto da un senso di gioia. Si mosse verso la parete di vetro più vicina, un’immagine gli si mosse a sua volta incontro mentre altre immagini contemporaneamente si allontanavano. Toccò la sua immagine con la destra, toccò la sinistra della sua immagine che risultò liscia e fredda al tatto, davanti a lui le altre immagini si toccarono in immagini d’immagini. Si spostò lungo la parete toccando lo specchio liscio, coprendo con la mano destra la sinistra della sua immagine, con lui si spostò l’immagine, e come tornò poi indietro lungo l’altro lato della parete di vetro, tornò indietro anche la sua immagine. Divenne più spavaldo, fece salti, fece capriole, e con lui fece salti e capriole un’infinità d’immagini.